C'è San Martino.
Tempo tecnico per l'ola.
Olè.
San Martino è l'ultima delle feste pure. Ci sta pure tanto di Martino e ogni mosto, non ci sono santi, diventa vino. E noi leccesi, popolo di destra, in una città bomboniera dove tutto brilla ma non luccica, abituato alla fighetteria benemerita, ci ingozziamo di vino fino a sboccare. Altro vino.
E non ci saranno ordinanze antibivacco a fermarci.
La festa di San Martino non è difficile concettualmente: devi solo comprare vino e fricularti con gli amici e/o i parenti.
Le scuole durante la giornata vengono disertate e i professori non dicono niente perchè anche a casa loro è San Martino. E bevono il vino.
A pomeriggio non si lavora per un cazzo, è solo panza (vuota) e presenza, perchè tutti stanno organizzandosi per il San Martino. Per bere vino.
A sera ci si concentra solitamente a casa dei parenti, nonna inclusiv, o dagli amici, molto spesso si coinvolgono gli amici universitari innestati in loco da altri luoghi meno fortunati del nostro, e gli si insegna l'antichissima festa di San Martino. Per bere vino.
E mai, dico mai, a memoria d'uomo leccese, s'è visto straniero in terra locale non apprezzare questa festa.
Leggende narrano di tarantini, salernitani, genovesi, milanesi e brindisini, che hanno esportato questa festa e hanno fatto friculare i loro amici nelle rispettive città.
San Martino è tradizione. Se vuoi accompagnare al vino un pò di sanissima spugna per assorbire l'alcool e poter quindi ingerire altro alcoolico vino, sono tradizionalmente lecite:
Le pittule.
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