martedì 17 agosto 2010

Dall'alba al tramonto

Silenzioso si avvicina buio calda monotonia distanzia pensiero dalla realtà.
Vagando per strade che conosco in cui ti riconosco che mi perdo perdendo mio pensiero di distanze in distanze in incognite che non capisco proprio.
Notte buia illumina di nero il buio mentre mi viene incontro non temo la sua luce la chiarezza del tramonto la profondità dell'alba.
Attendo l'incidente ignorando l'incidenza dipendente da una musica che non mi sa suonare più.

Eppure strada è lì, e strada è e strada sarà, se non ci sono io, se non ci sono tu, se non ci sono noi... e se non ci sono noi, e se sto come sto, andando stando in piedi poi seduto, restando poi rimando, sedendo e camminando, seduta stante instabile per un istante in cui io non ci sono più, sono sveglio ma dormo senza sonno, dando il là al che poi non sono io se non connetto.
Supporto accendino batteria non c'è il collegamento, qualcosa si è spezzato e sta lì dentro, motivazione come grappoli di no che non capisco, sfilacciati dal noi che accende la fiammella della speranza verde del braccialetto verde del verde della speranza che mi manca e che assecondo.

Riportatemi dov'ero fugace ricerca di un ricordo sfuggendo dall'orco della lucidità opaca limpida lucidità lucidità offuscata.

lunedì 16 agosto 2010

Incognite

incontro la città laddove ho il tuo ricordo
vivo in tacito silenzio la notte liquida e in bottiglia
sfuggo dalle mura di questi quattro muri che non hanno più paura
di restare adesso soli
perchè soli sono nati e non sono più con me

buie turbative si affollano in un turbine di no
prigioniero di un corpo come musica in un disco
ma è una musica che non riesco più a ballare a divertire
a fare mia
a far ridere di me
a stupire come prima

perso in un perdiodo che odio e che disprezzo
a pezzi sulla scia che mi degreda e che percorro
a questo io non credo non ci bado non rifletto
aborro l'invenzione che sia il fato
fattone con me stesso e stesso posto

stupida inefficienza della prassi
nera marea di una routine in melma si affaccia alla finestra
dove più non abito
dove più non vivo
dove più non sono il più
dove più non sono io

temo il camminare come lo stare fermo
le gambe non mi tengono ma se mi fermo io...
ma se mi fermo io barcolla il mio pensiero, si arrocca sui ricordi
come la torre rotta di un re che non ha regno
che ha perso l'armatura, che ha morto il suo destriero

che muore col suo popolo quand'anche muoio anch'io.

ho capito la mia barca di che materiale è fatta
ondeggia sulle onde di una bottiglia verde
ma in che universo vola, dove stantia mò naviga e poi attracca
non riconosco più

la musica del disco
in un silenzio muto del suo perpetuo moto
saldato a mente fredda su tutto ciò che resta
e che non mi appartiene