Ero un bambino e avevo sei o sette anni. Mio padre aveva degli amici, quegli amici di famiglia che tendi a chiamare zio convinto siano fratello o sorella di uno dei tuoi genitori, e perderti nei conti quando non capisci come si collocano in quello che scoprirai essere un albero genealogico.
Poi cresci e vieni a sapere che non sono tuoi parenti, non sono parenti dei tuoi genitori e non sono neppure tanto normali. Geneale.
Fatto sta che questo amico di famiglia aveva un nome che andrò ad identificare semplicemente come "lo zio". Lo zio aveva l'abitudine di terrorizzarmi.
E' un'abitudine abbastanza irritante quando sei tu a subirla, ma trovo che deve essere abbastanza piacevole nel praticarla perchè lo zio mi pareva venisse a casa di proposito per portare avanti questa sua missione.
E lo faceva con ogni mezzo possibile.
C'era il citofono.
Quando il citofono suonava di mattina o di sera, era sempre qualche persona normale. Ora il postino, ora i nonni, ora qualche impiegato dell'esattoria dello stato, magari il camion del pignoramento mobili. Ora qualche bambino che faceva gli scherzi. Certe volte citofonavo io stesso, tanto per vedere se mi mettevo paura. Ma quando il citofono suovana ed era passata da poco l'ora di pranzo c'era da cagarsi addosso perchè dieci a uno era lo zio.
E lui lo sapeva.
Sapeva che era egli stesso a suonare al citofono, e sapeva, non so come ma lo sapeva, che mi stavo cagando addosso. E al citofono diceva una cosa ai miei genitori, in genere a mia madre che rispondeva.
Diceva "di a massimiliano che sono arrivato".
E mia madre me lo diceva. Mi diceva "è arrivato lo zio". E io mi terrorizzavo.
C'era il telefono.
Quando il telefono squillava e mia madre si girava verso di me, era sempre lo zio, che mi pareva non avesse una casa propria e che doveva venire a cagare il cazzo proprio qui, perchè era qui che stava per venire. E voleva che io lo sapessi.
Da lontano sentivo questa voce dire a mia madre "dì a Massimiliano che sto arrivando". Poi il telefono si chiudeva e mia madre si girava verso di me lentamente, mi guardava e diceva pacata "sta arrivando lo zio". Pizza!
Sono sempre stato convinto che il ciclo di Saw fosse ispirato allo zio. Facciamo un gioco.
Ma facciamo anche che vai affanculo, zio.
Una volta telefonò un tipo con una faccia ambigua e la discussione andò pressapoco così:
Ecco.
Questo è l'effetto che mi faceva lo zio. Inquietudine e mistero con quel pizzico marrone che rallegra le mutande.
Lo zio usava terrorizzarmi con la storia della cameretta. Diceva che la cameretta doveva essere sempre in ordine, il letto fatto, le cose a posto, niente in giro. Che l'ordine veniva prima di tutto, di ogni cosa.
Col senno di poi credo si trattasse di un bieco accordo tra i miei genitori e lo zio per farmi sistemare cameretta con la tecnica del terrore. Ci fu un periodo in cui ero convinto fossero tutti delle ex SS.
Il problema non era tanto che io, seienne, non fossi pienamente daccordo col sistemare camera, quanto che non avevo il tempo materiale per farlo e, crescendo, ho capito che il mio problema è il problema di ogni bambino. Ogni bambino. Ricordatevelo quando crescerete.
Insomma, se un seienne si alza alle 7 di mattina e prende a giocare con i robot, con le costruzioni, con le mollette e con i citofoni, e poi arriva ora di pranzo, mi dite voi quando trova il tempo per mettere a posto ogni cosa? Personalmente non ero una signorina che stava lì a pettinar le bambole, avevo da fare, avevo da distruggere pianeti io, incendiare sottoboschi, salvare la stirpe umana da invasioni aliene...
Ma metti anche che io avessi trovato il tempo, anche solo una volta: che senso ha conservare tutto il casino prodotto, se già sai che tra mezz'ora riincasini tutto? La salvezza del pianeta non ha tempo da perdere.
Fatto sta che con la scusa della cameretta lo zio mi sgridava e mi sgridava duro. Non ricordo assolutamente cosa dicesse per terrorizzarmi, ma ricordo perfettamente che qualche volta ho pensato essere stati più fortunati quelli che lo zio li toccavano. Mi sentivo come Sarah Scazzi.
E se ero contrariato e aprivo bocca. Ahhh, se aprivo bocca.
Se aprivo bocca lo zio mi raccontava la storia della ranocchia dalla bocca larga, e la spacciava come fatto vero, roba riportata anche dal National Geographic, a suo dire.
La storia della ranocchia dalla bocca larga è una di quelle storie che hanno una morale e perciò insegnano qualcosa, ed era probabile che un uomo grande e grosso che, forse ancora non l'ho detto, si faceva di eroina, avesse parecchio da insegnare a un bambino di sei anni, tra un terrore e l'altro. Senza nemmeno sguainare le spade. A suo modo, lo zio era appassionato di fantasy.
Non garantisco che il modo di raccontarmela fosse lo stesso, ma io me la ricordo così:
In uno stagno nella giungla viveva una ranocchia dalla bocca larga, che si credeva simpatica e invece era una scassaminchia. La ranocchia, che si credeva essere anche molto curiosa e divertente, aspettava tutto il giorno di poter incontrare qualcuno perchè non amava farsi i cazzi propri.
Capitò un giorno allo stagno uno scimpanzè che si era avvicinato lì per bere. Appena lo vide, la ranocchia gli andò incontro e gli disse:
- Ciaooooo! Tu chi seeeiiii?
E quello rispose:
- Sono lo scimpanzè.
E la ranocchia:
- E IO SONO LA RANOOOOOCCHIAAAAAAA DALLA BOCCA LAAAAAARGAAAAAAA!
E inizia a raccontargli storie di cui non gliene fregava un cazzo. E dopo un pò si salutarono.
Più tardi venne allo stagno una gazzella e la ranocchia dalla bocca larga subito si avvicinò facendosi i cazzi che gli competevano e dicendo:
- Ciaooooo! Tu chi seeeiiii?
E quello rispose:
- Sono la gazzella, e che non lo vedi?.
E la ranocchia:
- E IO SONO LA RANOOOOOCCHIAAAAAAA DALLA BOCCA LAAAAAARGAAAAAAA!
E la gazella pensò "èccheccristoddio vuoi che me ne fotta?" ma dato che la gazzella sapeva farsi i cazzi propri non disse nulla. In compenso la ranocchia gli smaciullò i coglioni per un'ora e mezza raccontandogli cose di cui alla gazzella sbatteva un cazzo facendogli inoltre domande che fortuna ha voluto non avesse ancora incontrato Don Vito Corleone se no col cazzo che incontrava un altro animale allo stagno. E dopo un pò si salutarono.
Sul finire della giornata venne a dissetarsi un leone, che si vedeva lontano un casino avere i coglioni giratissimi. Si avvicinò all'acqua con fare lento e minaccioso e la ranocchia, incurante del pericolo perchè mossa dalla propria stupidità legata alla voglia di far domande del cazzo, gli andò incontro:
- Ciaooooo! Tu chi seeeiiii?
Il leone la guardò, infastidito e stanco, esitò un attimo e poi disse d'un tratto:
- Sono il leone che divora, si incula e butta in un fondone le ranocchie dalla bocca larga.
La ranocchia strinse quelle mascellone che si ritrovava e disse:
- Ah.
Ora, la morale secondo lo zio eroinomane era che dovevo stare zitto perchè altrimenti sarei stato con tutta probabilità divorato, inculato e buttato in un fondone da non so chi.
Ora, caro zio che mi hai terrorizzato con l'aiuto di quella diabolica di mia madre che poi facciamo i conti, quando ancora non avevo la forza per pestarti, io sono ancora qui a parlare e tu, invece, chissà che cazzo hai combinato o con chi hai parlato, perchè sono più di vent'anni che sei scomparso e di te non hanno ritrovato nemmeno i resti. Hanno cercato in lungo e in largo, annunci in tivù, sui giornali e io me la ricordo la faccia disperata di tua madre a Chi l'ha Visto. E ricordo mio padre mentre guarda i tuoi quadri, che sono ancora sui muri di casa mia, e li guardo anch'io e ricordo, e mio padre scuote la testa.
In giro si dice che ti abbiano buttato in un fondone e nemmeno a Chi l'ha Visto ti ha mai visto nessuno.
La morale è che l'eroina fa male e fa più male di una bocca larga perchè la bocca te l'allarga e ti mette in giri davvero pericolosi.
Non usatela.
(campagna personale contro le droghe pesanti)
1 commenti:
io la storia della ranocchia la sapevo diversa, ma ora la racconterò come l'ho letta qui :)
gran bel post!
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