giovedì 24 aprile 2008

La sincerità paga.

...certe cose non succedono per vanvera. [Maccio Capatonda]

Mi sto interrogando da qualche giorno su un valore sopravvalutato: la sincerità.
E' da che ho memoria che mi si dice che bisogna essere onesti e sinceri, e ultimamente va per la maggiore la teoria del "diciamoci tutto".

Teoricamente il "diciamoci tutto", sempre, tra due o più persone, dovrebbe migliorare la situazione sociale delle stesse dato che "se ti dico tutto, tu sai tutto, e sapendo tutto non avremo problemi".
Ed ecco ovviamente il problema. Sapere tutto di qualcuno, anche relativamente ad un solo argomento chiave, lascia spazio ad interpretazioni frutto di esperienze differenti tra chi annuncia il fatto e l'interlocutore.
Queste interpretazioni potrebbero quindi far saltare la motivazione che ha portato a dire "tutto", disturbando i presupposti alla base del diciamoci tutto.

Credo che spesso il silenzio sia la cosa migliore.
Sappiamo qualcosa e ce la teniamo per noi: perchè qeusto qualcosa può ferire, può far stare male, può essere male interpretato, può, semplicemente, creare problemi.

Essere sinceri, può far saltare i rapporti tra le persone.
Tra partner, tra colleghi di lavoro, tra amici, tra conoscenti.
Tacere, no.
Tacendo, e si badi, non "mentendo" ma semplicemente "aggirando" verità "scomode" si può tirare avanti per mesi, anni, anche tutta la vita. Almeno fino a che tutto viene a galla, incasinando la situazione attuale.
Situazione che sarebbe stata incasinata già da tempo, seguendo la formula del "diciamoci tutto".
Un po come accade in politica.

Dire tutto, spesso, è come un sisma. Se va bene da origine a nuove affascinanti prospettive geologiche, se va male annienta completamente forme di vita, nuocendo un bel pò di vittime.
Il silenzio, spesso, è un buon amico.

lunedì 21 aprile 2008

Cos'è?



Ed ecco un indovinello che ha come sfondo un tema scottante.
Cosa rappresenta questa foto?
Una banana in mano a chi indovina.
Un banano al culo a chi ne è stato complice.

sabato 12 aprile 2008

Nerdismo Quotidiano



Che lavoro quello del fumettaro.
Tra le tante cose buffe che accadono in negozio ci stanno gli attacchi di nerdismo latente, che altro non è che uno stato catatonico di nerdimo represso, liberato probabilmente dall'inalazione degli odori di carta e inchiostro mischiato ad ascelle e puzzette fagiolate.
Quando nel cliente il nerdismo latente si manifesta, per il fumettaro non affetto da nerdismo latente, quale io sono, sono cazzi amari.
E non c'è amore per il fumetto, passione per il lavoro, missione umanitaria che tenga: vorrei essere altrove.
Al mare per esempio.
Su un isola deserta.

Il nerdismo latente diserta la buona educazione, dissente la normalità di rapportarsi alle cose, disquisisce in squisiti monologhi, dissolve la mia attenzione e la trasferisce altrove. Trovo quanto meno ripetitivo il "nerd base". E' una delle fasce della categoria che più mi lascia perplesso.
E' quello che chiede qualcosa di nuovo, usato, uguale a quello che è già uscito e che gli è piaciuto, ma con una buona dose di diversità che non si discosti molto da quanto appena letto.
Il "nerd base" è un lettore di manga rubato alle fila Bonelli.

Il "nerd da combattimento" è il mio preferito.
Il nerd da combattimento entra con aria di sfida e con aria di sfida, ti sfida.
Bella forza.
Lui dentro di se sa di essere un nerd, ed è incazzato per questo. Legge solo 3 fumetti ma li sa tutti a memoria perchè li ha letti almeno 12 volte a numero. Mica come me il pirla, che non so nemmeno cosa succede a pagina 32 del numero 13 di Berserk.
Il nerd da combattimento ti sfida su quello che è il suo campo: i pochi fumetti che legge. E ti chiede cose che sa già, solo per il gusto di vederti rispondere tante volte quante riesci, cose tipo "ah si?", "non lo sapevo", "vedi te".
"Tante volte quante riesci" è un valore pari ad X che precede o la sua uscita dal negozio o un bel e conciso "sti cazzi!".
Variante del "nerd da combattimento" è il "nerd informatore", che si parte da 50 chilometri, a piedi, estate o inverno non ha inportanza, solo per dirti che in Giappone l'autore sta pensando di formulare un pensiero inerente il fatto di prendere in considerazione l'idea di poter un giorno non meglio specificato, realizzare il seguito di quel capolavoro di fumetto che tu non hai o mai sentito e sentito negli ultimi 2 anni.

Quello che mi infelicità più di tutti è invece il "nerd so sta cosa e mo te la ciucci pure tu".
Potrebbe essere confuso con il "nerd informatore" ma a sua differenza il "nerd so sta cosa e mo te la ciucci pure tu" non ha pietà di te. E sopratutto, ti ha confuso con un suo simile: un nerd.
Il "nerd so sta cosa e mo te la ciucci pure tu" è spietato.
Educato, entra e aspetta che tutti i presenti in negozio vadano via, per essere sicuro di avere tutta la tua attenzione, nient'altro che la tua attenzione, solo la tua attenzione. A quel punto parte con una disquisizione su fatti che nemmeno hanno a che fare con il tuo lavoro, ma che lo sfiorano soltanto e solo in senso lato, dato che sono specifici della sua vita. Le frasi preferite dal "nerd so sta cosa e mo te la ciucci pure tu" sono robe tipo:
- ieri mi sono scaricato un anime fansubbato di effeemmea (Nota per i non nerd: "FMA" è l'acronimo di "FullMetal Alchemist", un manga edito da Panini) (Nota per gli altri: se avevi capito l'acronimo, sei un nerd.). Mi piace, solo che ci sono degli errori di traduzione.
- Tra due anni esce la prima puntata della quinta stagione di Lost, in America. Io la ho già da due settimane, ovviamente fansubbata, ma dato che in giro ancora non stava il video, dato che lo realizzaranno a Ottobre, è fangirato. Praticamente stanno degli amici di un tipo che conosco, cugini del redattore della serie che recitano al posto degli attori veri, ma lo fanno benissimo. Dato che sono tutti nigeriani, io l'ho fansubbato. Certo non conosco il nigeriano alla perfezione ma una volta ho pensato di andare a puttane con una di un paese limitrofo, quindi direi che è fatta.
Se ti interessa alla fine non ci sono andato a puttane, ma non sai che segone solo con l'idea.
- "Ti sei visto Naruto?" "no, a quell'ora lavoro". "E lo hai visto yu Gi oh?", "no a quell'ora lavoro?", "e lo hai visto Lady Oscar?" "no, a quell'ora lavoro" e poi conclude con "che niubbo!"
In ultimo il "nerd so sta cosa e mo te la ciucci pure tu" spara la sua cartuccia clou: "l'altro giorno mi sono visto il film di guerre stellari. Tutte e due le trilogie, in ordine prima cronologico per gli eventi e poi in ordine di realizzazione, che sono cose diverse. Tu l'hai visto?"
No.
Non l'ho visto.
Mai.
Non ho mai visto Star Wars e non me ne vergogno.
Stavo scopando quella sera, va bene?
Ho una vita io.
E a sto punto parte il monologo che spiega per filo e per segno di che parla Star Wars, di come gli attori hanno recitato quale parte, di quanto il regista ha fatto spendere al produttore e del fatto che i Gem Boy ne hanno realizzato una parodia ridoppiata.
Che poi mi chiedo: perchè mai dovrebbe interessarmi?
Perchè ho una fumetteria? E allora?
Vendo fumetti.
Potrei capire che mi raccontino la storia di questo o quel fumetto, ma Star Wars io non l'avrò mai visto ma so bene che è un film, e allora amico mio la videoteca sta in fondo alla via, vai a rompere i maroni a lui...
Che pure sta storia dei fumetti che vendo. Quando vado in edicola e compro un quotidiano, non è che spiego all'edicolante che ieri mi sono letto La Gazzetta dello Sport e non sai che han detto di Kakà. Quando vado a comprare una pizza, non è che dico al pizzaiolo che 2 mesi fa ho comprato un calzone che bruciava un casino, ma proprio un casino. Quando vado a noleggiare un film, non dico al negoziante che ho scaricato Shreck 3 che in realtà era un porno ma non un porno normale, no, uno di quelli fetish e poi cerco di estorcergli la verità sul fatto se se li vede o meno anche lui.
In primo luogo non me ne frega un cazzo, in secondo, so che sta lavorando e che magari, e soprattutto, è a lui che non gliene frega un cazzo.

sabato 5 aprile 2008

I Giochi di una Volta. Parte 1: Re Boia.

Un tempo non troppo lontano non c'era una console (minimo) per famiglia e, come facevano i nostri genitori quando si riunivano a casa dell'unico amico con un piccolo televisore in bianco e nero, noi ci si riuniva a casa dell'unico amico che aveva la pleistescion 2.
Certo, non erano quegli anni gli stessi della crisi del dopoguerra che hanno patito i nostri vecchi, ma nemmeno si sguazzava nell'oro.
Non io e miei amici comunque.
Fatto sta che a casa di Stefano, l'amico in questione, si facevano mille giochi. E anche fuori di casa. Molto economici e molto divertenti.
Giochi che non scambierei mai e poi mai con una qualsiasi console o versione straaggiornata di Zelda.

C'era "Re Boia".
Re Boia era un gioco intelligente, di strategia e abilità nella gestione delle proprie articolazioni. Gioco di gruppo attuo allo stesso tempo a socializzare e a determinare il più forte del branco, consisteva nel far ruotare un pacchetto di sigarette pieno almeno a metà, con uno "tippete" dato dallo schiocco delle dita (pollice e indice) nella parte bassa e sporgente del pacchetto, che era stato precedentemente posto, metà all'interno e metà all'esterno, al limite di un tavolino.
Quando dopo lo "tippete" e le relative roteazioni il pacchetto tornava sul tavolo cadeva necessariamente in una delle seguenti posizioni, che corrispondevano ad altrettanti ruoli all'interno del gioco:
- Posizione del pacchetto: Faccia (o fronte) verso l'alto. Ruolo: "Re".
Il Re da gli ordini.
- Posizione del pacchetto: Faccia (o fronte) verso il basso. Ruolo: "Schiavo".
Lo Schiavo subisce.
- Posizione del pacchetto: Di lato (la faccia e il retro del pacchetto sono a destra e a sinistra. Il pacchetto poggia sul lato più lungo e più stretto). Ruolo: "Boia".
Il Boia esegue gli ordini del Re.
-Posizione del pacchetto: In Piedi (Il pacchetto poggia sul lato più stretto e corto). Ruolo: "Re Boia".
Il Re Boia da mazzate a tutti, indipendentemente dai tiri degli altri.

A turno i giocatori danno lo tippete al pacchetto. Alla fine del giro, in base ai risultati, il Re da ordine al Boia di fare "questo" e/o "quest'altro" allo Schiavo, dove "questo" e "quest'altro" sono un sacco di mazzate, schioccate, schiaffi, carroarmati, piegamenti di braccia, leve e quant'altro possa far soffrire il povero schiavo che, data la precaria posizione, deve subire.
E nessuno può tirarsi indietro.
Nemmeno gli amici che nel branco facevano la parte dei leoni, subendo qualora si trovassero a fare gli schiavi, le angherie e i dolori inferti da quei Re che nella vita quotidiana erano le pecorelle del branco.
Il problema era quando i bulli del gruppo tornavano ad essere Re o peggio ancora Boia, o strapeggio ancora ReBoia. In questi momenti sì che volavano violenze e bestemmie.
La strategia poteva essere sia d'assalto ("faccio male a tutti quando appena ne avrò l'occasione!") sia contenitiva ("me faccio li cazzi mei e speriamo che se ne ricordino...").
Il vincitore in genere era nessuno.

Occorrente: un pacchetto di sigarette e un tavolino.
Numero di giocatori: da 2 in su.