"Il prossimo sabato sera ti rimanderò indietro nel futuro [Dott. Brown - Ritorno al Futuro]
E' estate e mi sono alzato come tutti gli altri giorni, sudato e tardi.
Fuori cinguettano le marmitte delle macchine, triste conferma che so benissimo dove mi trovo e no, non è un materassino gonfio in una tenda accampata in riva al mare di Frassanito, e mentre mi riprendo i ricordi si fanno sempre più chiari: le ferie son finite, si torna a lavorare.
Sono in camera mia, in una palazzina vecchia di trent'anni aldilà del centro, in piena periferia che non si arrende all'avanzare della civiltà, e i motori di macchine da rottamare accompagnano i clacson sparati su marmitte scassate che accompagno il mio risveglio.
Compagno, bisogna andare a lavorare, ma mi concedo il lusso di una pisciatina fatta bene in riva alla tazza di ceramica nel bagno di casa e chi lo sa, magari ci scappa anche un Barry White fresco fresco di culo.
Chiudo a chiave la porta del bagno, pur consapevole di essere solo nell'appartamento, le abitudini sono dure a morire, specie quando sono così piacevolmente intime. Click.
Faccio il fattapposta di cui ero intasato che mi già sento innestato nella giornata lavorativa, mi sento un vip, un uomo di spessore, non sono più sudato e con leggerezza e cura lo guardo e lo vedo bello sodo, dunque mi pulisco alla meglio e scarico. Un effetto whooooosh trasforma il mio piccolo concertista negro in cibo per coccodrilli terroni e, felice del mio estro, mutanda tattica alzata sotto il pantalone ancora calato, mi accingo verso il corridoio inseguito dai miei gas.
Il corridoio è ciò che separa me da una giornata che parte di slancio, la cucina, regale luogo in cui si affondano le radici del caffè, l'unica bevanda diversamente alcoolica che posso bere prima delle 11.00 di mattina.
Tra me e il corridoio, la porta del bagno. Chiusa a chiave.
Giro la chiave, attendo il Clack.
Non è difficile. Abito in questa casa da 23 anni e se c'è una cosa che ho imparato, oltre a maledire l'ascensore rotto, è come si apre la porta del bagno. Niente combinazioni, niente colpi magici alla Fonzie col suo cazzo di jubox, solo la pazienza necessaria a girare una chiave.
Giro la chiave. Niente Clack.
Cazzo.
Il concetto di sfiga mi fa sempre tornare in mente i cartoni animati Disney e le sue fiabette per bambini, dove la magia vince sempre a suon di canzonette e la strega cattiva presto o tardi va a farsi in culo. Nel mio magico mondo della realtà la colonna sonora era un peto che presagiva un Barry White come pasto per coccodrilli, peraltro ormai andato, in un bagno di dimensioni imbarazzanti al quinto piano di una palazzina di periferia con l'ascensore rotto.
La realtà, col suo cazzo di magicabula, mi fa cadere per terra la chiave che impara in un niente a giocare a biliardo, fa tre sponde e va in buca d'angolo, sotto la fessura della porta, in pieno corridoio, tra gli applausi di una folla in delirio e il disfattismo degli avversari, diventando al volo Campione del Palazzo e mio nemico più giurato di Luca.
E io sono chiuso in bagno, con la chiave chissà dove sul pavimento del corridoio, e in casa non c'è nessuno. Evidentemente non è ancora tornato nessuno a sera a casa di Luca a parlare.
E non ho preso nemmeno il caffè.
E non voglio parlare dell'odore.
Ora è pomeriggio e sono in macchina.
Credo siano le quattro meno dieci, massimo meno cinque e ho appuntamento in fumetteria con un tale che mi deve dare della roba. L'appuntamento è alle 4 precise che il tipo va di fretta, niente scherzi, è una cosa importante.
Imbocco via Bonifacio di slancio, a bordo della mia fida Opel Kadett a.k.a. La Poderosa, sono un giaguaro, no che dico, sono un leone, il re della foresta che comanda al suddito di correre, correre e correre. Il suddito, la Opel Kadett a.k.a La Poderosa è invece una tigre malata alla ricerca di una gazzella da fregare, ancora ignara di essere agnello votato al sacrificio per volere di un dio dalle sembianze suine. Altro che leone.
Il bene legato ad un oggetto, è cosa risaputa, è innaturale e spesso immotivato, ma io ho un'ottima ragione per essere uno spassionato spasimante de La Poderosa. Lei infatti, come me, beve un sacco, motivo per il quale prima di partire le ho offerto un cicchetto di benzene all'autogrill. "Questo giro lo offro io" dico, e ciao ciao a 30.00 euro.
Se avesse avuto il dono della parola mi avrebbe senz'altro risposto "alla salute", ma è muta, altro ottimo motivo per il quale andiamo d'accordo. Non amo il contraddittorio e nemmeno le semplici osservazioni, se è per questo.
Sono una persona civile quando guido, quindi non ero al telefono, non avevo bevuto, non avevo la cintura di sicurezza, non superavo i limiti di velocità, e non stavo facendo all'amore. Lo fantasticavo, semmai.
Il suono disarticolato della marmitta e il costante fischio d'arbitro con paresi delle prese d'aria che a memoria non ricordo abbiano mai funzionato, mi fanno tornare coi piedi per terra, giusto qualche minuto prima di farci poggiare definitivamente anche culo, gambette e resto del corpo, e il semaforo da rosso sta per diventare verde. Eccolo qui.
Inserisco la prima, pigio l'acceleratore, lascio la frizione, non necessariamente in questo ordine. Parto di slancio, e quando mi accerto di aver toccato il top della ripresa della Kadett, 25 chilometri orari in 8 secondi, sono sublimato dalla sensazione che se solo la macchina fosse riuscita ad andare un pò più piano mi avrebbe fatto risucchiare indietro nel tempo, il che mi porta a un dubbio affascinante e irresistibile: "essere risucchiato indietro nel tempo" mi avrebbe permesso di restare adulto nel passato, o mi avrebbe riportato nel passato anche fisicamente, tipo a quando ero un bebè nell'utero di mamma? E nel caso l'ipotesi corretta fosse la seconda, io avrei avuto una coscienza infantile o adulta? E se la coscienza fosse stata adulta, l'allattarmi avrebbe reso mia mamma adultera?
Devo scoprirlo.
Rallento.
Mentre il contachilometri lentamente inizia il suo declino (da 25 a 0 chilometri orari in 120 metri), noto con piacere che i Chrysler sono davvero belli. Guarda questo per esempio: che grazia, che salsa elegante, e quante ampie possibilità di personalizzazione... E guarda a quanto vanno veloci, questi suv. Possono raggiungere i 230 chilometri orari, sai, e il consumo del carburante è ridotto del 40%, merito degli 8 cilindri e della trazione posteriore. Non male. E poi sono resistenti. Molto resistenti. E duri. Guarda per esempio come hanno sfasciato la Opel Kadett: cazzo sembra un boomerang.
L'ho lanciata verso casa ed è tornata indietro.
Il soffitto dell'albulanza è sempre lo stesso. Un neon a luce bianca come quelli dei corridoi d'ospedale, un modo come un altro per avvertirti che non stai andando alle giostre insomma, un gancio per attaccare la flebo e degli scompartimenti di cui continuo ad ignorare l'utilità. Mi soffermo sul gancio per flebo che ha attirato la mia attenzione per via del fatto che c'è attaccata una flebo. Seguo il filo della flebo. Mi stanno facendo una flebo. Mi hanno anche tolto la bottiglietta d'acqua.
"Che roba è?" chiedo.
"E' una flebo".
E grazie al cazzo?, penso.
"Si ma che è".
"Niente di che, acqua".
"Mi hai appena tolto la bottiglietta d'acqua che stavo bevendo".
"Si, non è consigliato bere acqua dopo uno shock"
"E perchè la flebo allora?"
"Contiene sali minerali"
"Avevi detto conteneva acqua"
"Contiene acqua e sali minerali"
"Quindi la mia bottiglietta era oligominerale?"
"Non lo so cosa era la tua bottiglietta. Solo che non è consigliato bere"
"E' consigliato prendere una flebo?"
"Si"
"Anche se è della stessa roba che stavo bevendo..."
"Si. I tuoi parenti li hai chiamati?"
"No"
"E chiamali".
Durante il tragitto per l'ospedale ripenso alla dinamica dell'incidente.
Frenata, impatto.
Mi passo in rassegna, temo di essermi fatto male, la macchina ha fatto un giro su se stessa e ha cambiato forma che manco le HotWheels negli anni '90. Le braccia non sanguinano, la testa fa male, le gambe le sento. Sento anche delle voci maschili che mi distraggono subito fuori dal finestrino. Una donna grida e inveisce contro qualcuno che poi scopro essere l'autista del suv.
"Stai bene?", "Mi senti?", "L'assicurazione ce l'hai?", "Oh, mi senti o no?"
Cazzo statevi zitti, come faccio a capire come sto se mi riempite di domande. E poi che ti frega della mia assicurazione, "sei tu che sei passato col rosso".
Qualcuno mi lascia un numero di telefono a cui chiamare nel caso in cui servano testimoni.
Ho chiamato 10 persone durante il tragitto. Familiari, amici, conoscenti. Non ha risposto nessuno, tutti occupati a fare altro. Roba da non credere, l'unico che ha risposto era appiedato. Ho pensato di chiamare una linea erotica, tanto per fare due chiacchiere.
Arrivo in ospedale.
"Stai bene?", "Mi senti?", "Riesci a muoverti?", "Oh, mi senti o no?".
Scomodo questo collare, mi stringe, fa caldo e mi scoppia la testa. Gli antidolorifici fanno effetto, peccato che svanisca presto. La Poderosa è un arco, attualmente inutilizzabile.
Sono a piedi.
Sono indolenzito.
Sono anche incazzato, ohibò.
C'è chi mi dice "ringrazia Dio, ti è andata bene" e si offende se gli faccio notare che ti va bene quando trovi 20 euro per terra. Già se pesti una merda o se ti caga in testa un piccione è andata male. Ringrazio Dio un ciufolo. Lo ringraziasse lo stronzo che è passato col rosso, Dio.
Che lo ringrazi che non sono morto, o glielo avrei parcheggiato nel culo il Chrysler.
2 commenti:
Che brutto ritorno. :(
Stai bene? Niente di rotto?
Ma la porta del bagno? Scassata anche quella?
Matteo
forse era un segno del destino...
dovevi rimanere in bagno!
spero che il mio fumettaro di fiducia sia ancora tutto intero ;)
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