
Avevo una decina d'anni e mio padre mi cresceva amorevolmente. Amorevolmente aveva un significato molto controverso per mio padre, poichè anche sua madre lo cresceva amorevolmente, almeno stando a quanto sosteneva nonna nei suoi racconti, ma non secondo mio padre. Per mio padre il crescere me amorevolmente era molto più amorevole di quanto amorevolmente lo crescesse sua madre. Nonna. Erano altri tempi, diceva.
E mi raccontava che c'erano queste zie, sorelle di qualche parente apparentato a nonno, dove nonna, sua mamma, lo portava a pranzo la domenica. E delle feste comandate.
Perchè noi abbiamo ste cose delle feste comandate, dove non importa quanto poco sia stato considerato dalla famigghia per tutto l'anno, ma alla feste comandate ci si incontra tutti, a pranzo, per poi parlare male dei parenti a cena, nel calore casalingo della propria cucina.
Qui da me, in meridione, la tradizione è molto importante, almeno stando ai racconti di papà.
Io adesso non la sento tantissimo, e andare dalle zie, a quanto pare, era quanto di più terribile potesse capitare in quell'esistenza da bambino povero che viveva e cresceva in un paesino a sud della Puglia.
Le zie, nei racconti di papà, erano la riesumazione dello spirito delle streghe, coi loro vestiti neri, i loro capelli neri, i loro occhi neri, il loro alito nero, e il loro cazzo di fazzoletto stile burka messo male. E' alle zie di metà '900 che avrebbero dovuto negare l'esposizione in pubblico del viso. In faccia dovevano metterlo quel fazzoletto, non sui capelli.
Le zie anziane con il loro nero contagioso erano il male. Le zie anziane dall'anima nera erano l'incarnazione del male.
E la domenica si andava a pranzo dal demonio.
E indovina chi viene a cena.
Nei racconti di papà il peggio non era dato da come la zia si presentava, ma dal ruolo che il bambino copriva a pranzo, prima del pranzo e dopo il pranzo. Ovvero niente.
Doveva stare là, seduto, zitto, immobile, con il parentame adulto nell'altra stanza che parlava di cose ch'egli non poteva ascoltare. Solo, con il suo abito nero, su quella sedia, nei ricordi di ciò che la mia fantasia ha creato, posta vicino alla porta di ingresso che era ferma lì, chiusa. Blindata. Come a dirgli che oltre quella porta c'è la salvezza, ma che non è per lui.
E guai se se si muoveva!
Erano cinghiate su per le sue belle chiappe rosa. Cinghiate con la cinta di nonno, non si sa se forgiate nel fuoco da antichi samurai, o ereditate dal Generale Custer. L'unica cosa certa, giurava papà, è che, messe in un fiume, il solo corso dell'acqua sarebbe stato in grado di tagliare una foglia di ciliegio traportata dalla corrente, se avesse incontrato la cintura.
Che le cinte dei pantaloni di quell'epoca non erano di plastica. E nemmeno di cuoio. Le cinte di quell'epoca erano fatte di dolore puro.
E fu questo dolore che insegnò a mio padre ad evitare con meticolosa cura tutti gli inviti a pranzo e a cena negli anni a venire. E furono questi ricordi ad imporgli di non autoinvitarsi alle cene degli altri.
Perchè è scortese.
E sì, anche per via della cinta di nonno.
Sabato 5 giugno da Mondi Sommersi (la mia fumetteria), viene un autore, Giuseppe DeLuca.
A sera mangeremo qualcosa insieme.
E indovina chi viene a cena?
Ti do un indizio.
Non sei tu.
8 commenti:
peccato! io ci verrei volentieri a cena da te.
Se mi inviti tu.
senza cinta, ovvio!
ma tutto questo per cosa?
si è auto invitata gente a precedenti incontri?
Ok Max, per questo ti vengono 2 birrette e una cena senza cinghiate! Ti invito io!
Potevi anche mettere solo un link a http://www.youtube.com/watch?v=tVP_Rj6pAMc
Tutto sto scomodare di zie, di cinte e di nonni frustanti chiappe solo per pubblicizzarti l'incontro e che DOPO non vuoi essere rotto le palle? Di fantasia ne hai, non so se tali immagini possano scoraggiare i più temerari!
Penso che avrò un incubo questa notte... T.T
Sono una maledizione italica i pranzi parentali nelle feste comandate. Leggendo sono ritornata ad angosciosi ricordi infantili, nonni iracondi, zii invadenti, cugine antipatiche...
Ciao, ciao! Sara
la serata è andata bene... anche il pomeriggio, credo. Hai ricevuto le foine che ti abbiamo inviato?
Alla prossima!
Saluta Ilaria, pliz!
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