1988. Settembre.
Papà accompagna suo figlio in palestra.
E' una scuola di Karate, un dojo nato sotto la guida del Maestro Spedicato.
Il bambino ha 10 anni da copiere da li a poco. Inizia giocando e va avanti, tra alti e bassi nel mondo del karate.
E' ancora il 1988 ed è ancora settembre.
Un altro papà accompagna un altro bambino in palestra.
Stessa via, stessa arte marziale. E' invece un'altra scuola, un altro dojo, quello che vedrà crescere questo altro bambino, che comunque ha 9 anni compiuti da poco. Inizia giocando e va avanti, tra alti e bassi, nel mondo del karate.
All'epoca era facile vedere palestre di arti marziali piene. Andavano forte soprattutto le scuole di kung fu e karate. Merito dei film dei vari Van Damme, Cinzia Rothrock, Chuck Norris e ovviamente dell'intramontabile Bruce Lee.
Ogni volta che trasmettevano un film di uno di questi personaggi, i due bambini, che intanto crescevano e studiavano in scuole diverse e vivevano in case diverse, si fermavano davanti al televisore a riguardarli, 1, 10, 1000 volte.
I due bambini erano amici e avevano lo stesso sangue.
Serate in pizzeria, esperienze al mare, ninne nanne negli stessi lettini cantate da mamme diverse. Crescendo c'erano cose sempre nuove da scoprire, le prime ragazze, i primi litigi, le canne, i funerali, i natali.
E poi c'era il karate.
1998. Giugno.
Erano passati anni da quando i due papà accompagnavano i due figli nelle due scuole. I due dojo parevano non interessare più questi due bambini ormai ragazzi.
Figurarsi, non si parlavano nemmeno più questi due ragazzi, e neanche da poco. Da anni.
Una lite troppo forte di cui probabilmente nemmeno ricordano più il motivo li separò per anni lunghi secoli.
Erano ormai lontani i tempi degli allenamenti clandestini nelle masserie abbandonate, le scalate su edifici pericolanti, i graffi, le scalate con corde lunghe 20 metri e spesse 1 misero centimetro.
I calci e i pugni, le serate in pizzeria.
I due ragazzi erano cresciuti e avevano preso strade differenti, esperienze differenti e ormai non c'erano più feste e cazzeggi. Si vedevano solo ai funerali o per sbaglio, per strada.
E poi c'era il karate.
I due ormai non praticavano più da anni.
Le televisioni italiane non trasmettevano più i film di Van Damme, e Chuck Norris ormai faceva solo quella cagata di Walker Texas Ranger. Anche l'intramontabile Bruce Lee era ormai tramontato. Le scuole di karate si erano svuotate completamente. Il dojo aveva chiuso. Il maestro Spedicato aveva aperto altre palestre nel corso di quegli anni, più piccole e consone al numero degli iscritti.
I due ragazzi si incontrarono ed ebbero una discussione finita a tarallucci e vino, in cui furono ricuciti i rapporti, carate le ferite e rifatti giuramenti.
Avrebbero ripreso con il karate.
2006. Settembre.
Sono cresciuto. 28 anni da compiere da li a poco e una palata di cazzinculo come bagaglio spirituale. Prendo il cellulare. Se questo che vedo nell'elenco è ancora il suo numero di telefono lo chiamo e lo invito con me in palestra.
Rifiuta.
Si allena a casa l'altro ragazzo ormai 27enne.
Bene, ci andrò da solo.
10 anni dopo il mio ultimo allenamento in palestra, 5 anni dopo l'ultimo allenamento con mio cugino di sangue, mi riiscrivo in palestra, con qualche segno degli anni e qualche cicatrice di troppo.
Rimettere il karateggi mi fa paura, ma solo nei primi 5 minuti. Sfiancato mi alleno prima 3 volte la settimana, poi 4, dopo il lavoro.
Passano i mesi ed è ora di richiamare l'altro ragazzo.
A distanza di 5 anni dall'ultima volta ci alleniamo insieme, facendoci un sacco di male, goffi e impauriti dai ricordi e dall'ombra dei rimpianti. Calci, pugni, risate.
Come 18 anni prima, da bambini.
2007. Giugno.
Ieri c'è stato l'esame, duro e sfiancante.
Ho preso la nera, I° dan.
Stento ancora a crederci.
Ora si smette di giocare al guerriero e ci si impegna seriamente.
Per rispetto.
Nei miei confronti, nei confronti del Maestro, del dojo e di mio cugino, che è ancora lì, a casa, ad allenarsi.
Birra con gli amici della palestra, poi altra birra con gli stessi amici della palestra e poi, una volta solo, agile passeggiata riepilogativa, immerso nei ricordi, con uno sprizz in mano.
Penso agli anni che sono passati e mi rendo conto che non è la cintura nera quello che conta. L'importante, la cosa bella di averla presa, è che quando avrò 60 anni non avrò il rimpianto di non averlo fatto.
Ma già lo sapevo.
Ora ho un altro obiettivo.
Riportare all'ovile quel bambino, perchè in 18 anni non siamo mai stati nello stesso dojo.
Perchè il tempo passa in fretta.
Perchè prima c'è il nostro sangue.
Solo poi c'è il karate.
1 commenti:
Bella la tua storia...
L'ho letta fino in fondo..
a me le cose sono andate un pò diversamente..
ho iniziato anch'io a 9 anni
e ho smesso solo l'anno scorso..
la cintura nera I dan l'ho già presa..
però devo dire che la frase:
e poi c'era il karate
non è condividibile..
IL KARATE E' DENTRO DI NOI..
VIENE SEMPRE PRIMA, PERCHE' CON NOI..
se ti dimentichi di avere un'arte marziale dentro di te.. non l'hai mai avuta...
almeno la penso così...
`Dayetta`
se vuoi passa nel mio blog ;)
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