"Il fenomeno può avere cadenza saltuaria o molto frequente, e vissuto serenamente o come patologia; questi aspetti possono variare sia a seconda del carattere dell'individuo, sia del contesto sociale in cui è cresciuto sia dal contesto in cui vive.
Secondo il punto di vista della psicoanalisi le cause del travestitismo possono essere molteplici, tra le quali si possono individuare maggiormente:
un mancato superamento del Complesso di Edipo;
esperienze infantili di travestimento da donna (che hanno portato a uno sviluppo del concetto di "vestito" differente dalla norma);
semplice curiosità di indossare abiti da donna" [Wikipedia - Definizione di "Travestitismo"]
Il mio ruolo nella società del fumetto non consiste nella sua realizzazione, a quello ci pensano gli autori. Non consiste nemmeno nella loro pubblicazione, a questo ci pensano gli editori.
Non faccio nemmeno azioni pubblicitarie, a questo ci pensa
il fato.
Non sono neppure un lettore
vorace nel senso stretto del termine, e quindi non spacco le balle se un albo ha sulla copertina le impronte digitali di un addetto all'inscatolamento dal distributore.
A questo (e ad altro) ci pensano i lettori.
Io sono un fumettaro e come tale i fumetti devo
venderli.
Solo che vendere fumetti ha degli aspetti sgradevoli che chi i fumetti non li vende magari ignora, o crede siano più microscopici e di scarsa importanza di quanto in realtà il fumettaro vuol far credere.
Ovvero che i fumetti non si vendono.
Anzi, vendono poco.
Anzi no, vendono molto poco.
In realtà vendono così poco, ma così poco, che "poco" è di troppo.
A dirla tutta non vendono un cazzo.
Motivazioni? Tante, ma io qui vorrei analizzarne una, ovvero che il fumetto è un media per nulla considerato dall'umanità. E ogni qual volta io mi trovi a discutere con qualche appassionato del
perchè questo accada trovo parecchie motivazioni, una delle quali rende responsabili i lettori stessi, o almeno, una fascia.
I cosplayer.
I cosplayer sono un danno per la società fumettistica italiana.
I cosplayer sono dei travestiti che non battono.
I cosplayer sono disadattati dissociati dal loro nerdismo.
I cosplayer sono un dito al culo, in tutta franchezza. Una specie di cancro che logora qualcosa con cui ha nulla cui spartire e che invade senza chiedere permesso.
Fino a qualche anno fa era graziosamente raro, laddove non impossibile, vedere per strada un uomo vestito da
Gundam0079 senza vedere al suo fianco frotte di bulli pestarlo a sangue e trasformarlo da Peter Ray a Ray Charles, ed era illusione pura incontrare una ragazza vestita da quella
Fujiko di Lupin, simbolo del seno abbondante e delle prime erezioni dei ragazzi della mia generazione.
Oggi questa malattia senza casa, ovvero il mascherarsi da personaggi inesistenti, immedesimarsi in figure di fantasia, che non esistono, e che ai miei tempi sarebbe stato motivo sufficiente per vedere da vicino il palmo della mano di papà di cui ancora ricordo benissimo la lunghezza della linea della vita, è motivo di interviste, spazio sui giornali, concorsi a premi, reportage fotografici e ricerche meticolose a cui dobbiamo dire solo "grazie" se il nerd
new age può uscire dal suo cazzo di bozzolo e trasformarsi un vero nerd da competizione.
Quello che rovinerà il fumetto.
E che io da oggi ufficialmente odio.
Il cosplayer non ha una casa, non ha una collocazione, non ha un contesto e quindi che fa? Si infila nel mondo del fumetto, come se questo non avesse già abbastanza problemi senza che un dissociato cronico decidesse che tu casa è my casa. Come se non avessimo sufficienti difficoltà, noi abitanti del
mondo del fumetto, a relazionarci con il resto degli
abitanti del mondo là fuori, che ci vedono come decerebrati di livello estremo anche senza accostarci ai cazzo di cosplayer.
Ora voi immaginatevi la vita di un lettore medio che legge fumetti medi tipo, chessò, Dylan Dog. Il lettore medio esce dall'edicola (perchè un lettore medio va in edicola) col suo Dylan Dog numero millemila, incontra la zia scassamaroni, e dato che è emancipato, addirittura non nasconde l'albo sotto al giubotto. Che stile.
Si guardano, gli occhi di lei vanno su di lui, quelli di lui vanno su lei, quelli di lei vanno su Dylan Dog, quelli di Dylan vanno lui.
- Ancora coi giornaletti stai?
- Ma zia, i giornaletti sono cose auanasgheps, non sono stupiderie moderne della postpoppart filosofeggiata in do maggiore. Cioè, questo albo, QUESTO ALBOOO, rappresenta. Questo albo è una pietra della cultura del fumetto italiano nato sotto la scuola bonellianaaaa...
(nota: il lettore medio usa
slang new style per distunguersi dagli abitanti del mondo la fuori, come se ce ne fosse davvero bisogno.)
La zia resta un pò instupidita dai neologismi cagati là tanto per fare, magari sta anche per lasciarsi convincere, quando, tutt'un tratto appare un venticinquenne vestito come questo:
O peggio ancora, come questo:
Bè, ammetterete che sarà difficile per il lettore medio auanasgheps, far capire alla zia zitella che questi esemplari sono da CIM e invece lui no.
E che leggere un fumetto non significa necessariamente sentire l'imminente e improrogabile bisogno di infilarsi le mutande sopra ai pantaloni.
Ora, io che sono un uomo di ampie vedute, non dico che questi
diversamente travestiti (conio al volo questo neologismo per non offendere i protagonisti di
Casa Howard) debbano sparire e lasciare il pianeta, solo che, se è possibile, magari possono andare a trovarsi una collocazione migliore di quella del mondo del fumetto che non è roba loro e ha già i suoi problemi.
Sopratutto quando si travestono da personaggi dei videogiochi che lo vedo proprio come la massima espressione dello "stare fuori".
Io che sono un uomo di ampie vedute, vedo orizzonti lontani.
Molto lontani.
Magari è proprio il posto che i cosplay dovrebbero cercare: una patria, una terra promessa.
Se poi lungo la strada dovesse capitare di incontrare un uomo col baffetto, bè, che provino a salutarlo con la sinistra.